Credo, ormai profondamente, che le metafore con cui ci esprimiamo rivelano il nostro mondo interiore, le immagini che ci popolano.
Per questo mi costa tanto la distanza linguistica tra me e te, perchè quando parliamo è sempre nella tua lingua, e mi sento impacciata.
Le parole non scorrono lisce come quando metti la mano nell’acqua e la muovi, ma incontrano sabbia, e intoppi, e sfregano contro qualcosa. E così quello che mi gorgoglia tra le costole resta lì, e oggi mi sta strozzando.
Ho riempito di cicche il posacenere della nostra stanza, questo minuscolo mondo instabile che dividiamo, e non riesco a smettere di prendermi il lusso di sentirmi vuota, arida e sola, di rigirarmi in questo senso di solitudine come tra lenzuola accoglienti. Come quando sai che stai dormendo troppo, che già è ora di alzarsi e che se non lo fai resterai tutto il giorno con il mal di testa e un senso di malessere, ma non vuoi tornare alla realtà e te ne resti là, rigirandoti nel letto.
Dicevo, le metafore esprimono il mondo che ci popola la testa.
A me, il mondo che mi popola la testa, mi ha spesso allontanato dalla realtà degli umani in carne e ossa.
Sei sopra di me, mi stai scopando, ma io non sento quello che c’è dentro la mia fica. Sposto la testa quel tanto da riuscire a guardare la pelle del tuo fianco, morbidissima sotto le mani.
Amo quel tuo pezzetto di pelle, e so perfettamente perchè lo amo tanto: perchè entra nel mio mondo immaginario. (Forse sono arida, rinchiusa nelle mie fantasie, e dovrei godere perchè sei dentro di me, ma no, penso, immagino, e me ne parto – sola – per altri lidi).
E’ lo stesso motivo per cui mi sciolgo quando di notte ti avvicini per dormire nella tua – nella nostra – posizione preferita, con la mia pancia appiccicata alla tua schiena e le mie ginocchia mischiate con le tue. In quel momento immagino che hai smesso di lottare, di dimostrare quanto sei maschio alfa e gli fai il culo a tutti, e ti sei preso una pausa per lasciare che qualcuno – io – ti veda indifeso.
So perfettamente perchè tutto questo entra nel mio immaginario: rappresenta il frammento di te che non è macho, che non entra e non spinge, che si lascia toccare e prendere.
Ecco come il linguaggio esprime il mio mondo interiore: l’idea che il mio compagno – di letto, di strada, di vita – desideri essere preso mi fa bagnare fino alle ossa, mi provoca sommovimenti tellurici al bacino e un sorriso idiota permanente.
La sola idea ha il potere magico di scatenarmi fantasie e farmi sentire viva del tutto.
Vedi, amore mio logico? Sono cose che succedono nella mia testa, libere interpretazioni dei tuoi gesti, ma sono sensazioni forti, che mi scendono nella pancia e mi fanno stare bene.
Mi eccitano, perfino.
Dovrei raccontarti tutto questo, bene, farne una storia avvincente e godibile a livello di marketing per tentare l’impresa di farti venire la voglia di entrare nella mia testa e vedere che succede.
Ma sospetto fortemente che la tua machitudine non troverà mai bello e poetico ed eccitante tutto questo, l’idea di essere preso e compagnia bella.
E allora mi fumo un’altra sigaretta.
Excellent post. Thanks.